RITORNO A SANDEFJORD (45 anni dopo)

L’hotel è lo stesso, Scandic in riva al fiordo, il ristorante è lo stesso, le sale riunione le stesse, la colazione top in Norvegia la stessa, solo dormo in un’ala nuova da cui vedo il traghetto con Oslo con cui ero arrivato nel 1972. Sono sempre affascinato dai mille bivi della vita, da cosa poteva accadere se, dall’immaginare vite parallele. Ero stato molto tentato di rimanere, come mi aveva raccomandato un preveggente ragioniere di Varese già allora migrato qui a fare il benzinaio, felice in un Paese normale. Che storie diverse abbiamo avuto noi e i norvegesi,,,,,,,43 anni fa erano forse al 70% del nostro tenore di vita, il cartello stradale più frequente segnalava i sassi che potevano schizzare dalle ruote delle auto, rare, su strade bianche di 4 metri che si snodavano in gallerie da minatori tra un traghetto e l’altro, dove si correva per non perdere la prossima nave e ci volevano giorni per risalire la lunghissima costa. Spesso era meglio prendere i battelli postali dove si mangiava a sfare zuppe, pesce e polpette squisite. La gente assomigliava ai nostri trentini, ma ancora più avida di quiete e solitudine: appena c’era una nuova casa i vicini si spostavano o una spiaggia con tre persone era vista come affollata e se ne cercava un’altra a pochi chilometri. Pronti invece ad ospitarti nelle loro case in legno piene di fiori appesi ai davanzali e a prepararti il meglio di ciò che avevano, uova, formaggi, salmone. Le ragazze portavano un bottone con scritto nej, no al prossimo referendum sull’Europa, per paura di svendere terra ai tedeschi ricchi in vacanza con le loro barche.

Noi avevamo già le autostrade principali, le raffinerie, le acciaierie, le multinazionali, le grandi imprese italiane, la Fiat, la Montedison, l’Olivetti, la Zanussi e li guardavamo un po’ così anche se più simpatici e alla mano degli svedesi già ricchi e supponenti. Poi sono tornato almeno una ventina di volte e li ho visti esplodere come noi dieci anni prima, mentre in parallelo assistevo alla nostra decadenza, mascherata con crescente falsità da chi ci governava e alterava anche le cifre, mentre la nostra grande industria spariva lentamente e le infrastrutture invecchiavano fino allo stop degli anni ’80, da cui si salveranno solo le Ferrovie. Oggi il panorama è del tutto cambiato verso il futuro, PIL pro capite a 70000 $, contro i 30000 $ italiani, infrastrutture completate con i più avveniristici ponti d’Europa sui fiordi, ferrovie veloci integrate con porti e aeroporti, illuminazione ovunque, un’auto su tre elettrica, obiettivo al 2020 fine combustione, già raggiunto in Svezia, fondo sovrano con 800 miliardi di risparmi su rendita petrolifera per le future generazioni, immigrazione selettiva.

Incontriamo una delle grandi multinazionali di vernici sviluppatesi qui a nord e nel centro di Ricerca riceviamo via video adeguate istruzioni di sicurezza e segretezza. Entriamo per sbaglio in un vagone con indicazione di silenzio e non ci si riferiva ai telefonini, ma al silenzio vero e una signora di mezza età ci redarguisce invitandoci a stare zitti. Prendiamo un taxi per Oslo e superiamo tutti i pendolari perché l’autostrada ha una corsia per i taxi… Un po’ come in quel film francese in cui si materializzano persone provenienti dal Medioevo nelle strade della Parigi odierna…

Quante cose potevamo fare in questi 43 anni che loro hanno fatto! Su molte ho potuto solo scrivere prediche inutili. E non è solo merito del petrolio, che anche se lo avessimo avuto avremmo trasformato in debito, visto che noi spendiamo prima di guadagnare e poi dovevamo accogliere l’Africa….C’e’ quassù una mentalità conservativa e quadrata, che protegge la natura e fa quadrare i conti, come in una famiglia semplice e sana. Che risparmia per gli imprevisti futuri e poi dorme sonni tranquilli nel grande inverno, oggi non così freddo come allora. Mani bucate era una canzone genovese di allora e ci si adatta particolarmente. Non ci resta che comprare lo stoccafisso e il salmone, che sono rimasti quelli di allora e la benzina che costa meno che da noi, goderci il pieno sole e il cielo cristallino sulla neve ghiacciata che risplende, per le 4 o 5 ore di luce e sperare di tornare ancora a vedere quello che anche noi avremmo potuto e non abbiamo voluto diventare. Almeno lo raccontassimo con sincerità ai giovani che credono di essere nel migliore dei mondi possibili, ingannati dai professori e dai media, che aspirano ad essere cuochi o camerieri del made in Italy…. Tra l’altro nel ’72 ero qui per un convegno di Ricerca Operativa, strano nome dimenticato, e si affrontavano i problemi della guerra fredda in un convegno organizzato dalla Nato. Come parlare di fantascienza nell’Italia di oggi.

 

 

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